«Napoli è un viaggio. Ogni quartiere ha la sua psicologia, quasi una sua inflessione dialettale, qui si nascondono meraviglie incredibili nelle quali sembra quasi che la realtà si incroci con l’irrealtà, il quotidiano con la fantasia, i vivi con i morti perché qui le persone scomparse continuano a essere presenti nei piccoli gesti quotidiani, nei sogni, nella proverbiale scaramanzia del popolo partenopeo.[...]
Il cibo per i napoletani è talmente importante che non hanno un sostantivo per indicarlo: usano il verbo mangiare che diventa sostantivo, ’o magnà, ossia il mangiare.»